Il talento sportivo di Uccio Piroscia
Le prime corse a scuola
La scuola media Bilotta e il prof. Angelo De Quarto
Quando Uccio Piroscia, classe 1953, inizia ad appassionarsi all’atletica, siede ancora tra i banchi di scuola. Erano gli anni ‘60 e ad insegnare Educazione fisica presso la scuola media Bilotta c’era il prof. Angelo De Quarto.
La corsa diventa la sua passione e la partecipazione alle prime gare, ai primi Giochi della Gioventù, gli regala le prime inaspettate vittorie. Euprepio “Uccio” Piroscia oggi commenta semplicemente così queste soddisfazioni, dice: “Ero portato”. Come se fosse stato tutto facile e naturale, nonostante il grande lavoro e impegno profusi negli allenamenti.
Le corse in strada e in campagna
Le corse di “Uccio” Piroscia partivano dalla scuola Bilotta, per continuare in via Madonna delle Grazie e dintorni, nelle campagne e nelle strade allora sterrate e caratteristiche di Francavilla. La prima curiosità che ci viene intervistandolo, è chiedere quanta gente incontrasse durante le corse in quelle strade che oggi sono percorse da tanti. “Nessuno” – è la risposta secca di Piroscia, che ripete pensandoci serenamente – “Nessuno, anzi i contadini mi consideravano uno scansafatiche e mi richiamavano per raccogliere uva o pomodori”.
Ma la corsa di Piroscia non si è mai fermata, conosceva bene le fatiche dei contadini, perché contadina era la sua famiglia di origine, però dice: “Mi piaceva, anche quando non correvo a scuola, mio padre mi portava in campagna e correvo lì, facevo chilometri, lo abbandonavo e correvo anche per mezz’ora di corsa e lui mi diceva – chi te lo fa fare, non ti stanchi-?”.
La scuola superiore
Finite le scuole medie, Uccio nella nuova scuola, l’Istituto professionale sulla via di Grottaglie, conosce il prof. Rollo di Squinzano che lo iscrive alla prima gara ufficiale, una 1.500mt al campo sportivo di Francavilla.
Vince correndo intorno al perimetro del campo di calcio. Alla domanda su come fosse il percorso ricorda: “Era il perimetro del campo di calcio ben tracciato e le curve della pista ce le immaginavamo, giravamo e basta, ho vinto facile e il prof. Rollo mi voleva portare al Cus Lecce per allenarmi, perché lui non poteva sempre essere a Francavilla”.
L’Istituto professionale a Francavilla verrà poi chiuso, perciò Piroscia si trasferisce all’Istituto Agrario di Alberobello, dove però non c’era nessun professore che faceva praticare Atletica, preferivano il calcio.
La sua “corsa e basta” – il puro piacere di correre
Continua però a “corricchiare” dove poteva sempre da solo, chiamandola “corsa salutare”. Ormai correre è per lui più di una abitudine, una sorta di bisogno dell’anima.
Oggi questo bisogno è comune a molti amatori della corsa, ma all’epoca nessuno la praticava, essere l’unico a farlo significava automaticamente essere additato come strano da tanti, quasi tutti.
Eupreprio “Uccio” Piroscia è stato un precursore, il primo di Francavilla Fontana a fare atletica senza un fine.
Chiediamo se avesse posseduto orologi, cronometri, tempi, percorsi segnati, sorride (come per dire – cosa dici? -): “No, niente, correvo e basta, tanti chilometri per le campagne, bastava quello, correvo per la salute”. Non era probabilmente solo per salute, il giovane era adatto e destinato a correre.
la carriera in Polizia
Finita la scuola superiore, legge un manifesto in via Immacolata in cui era bandito il concorso per allievo guardia di Polizia; per partecipare si trasferisce per settimane a Nettuno, vicino Roma, per sostenere le tante prove sia scritte che fisiche.
Ricorda l’esclusione quotidiana di tanti candidati, ma Uccio arriva al termine ed entra in Polizia. Della città di Alessandria, dove si trasferisce, ricorda: “Non si vedeva niente, niente, sono andato via con la classica valigia di cartone lì era solo nebbia”. Corre anche lì nella nebbia, che era un po’ come stare tra le nuvole: “Nella caserma, enorme, non si vedeva niente ma io correvo”.
Il suo primo stipendio è di 91mila lire (per i giovani di oggi quasi 47€!) e dopo Alessandria rimane qualche mese a Torino e infine a Milano, dove sarà agente per 4 anni. Le corse rimangono la sua abitudine fissa.
Le prime gare
Nel 1977 nell’ambito del Settembre Francavillese c’è una gara. “Era una 7-8 km molto bella e vinta con facilità. Fu bello. Quando rientravo per la Madonna della Fontana, tornavo anche in quelle strade di campagna e adesso non ero più solo, trovavo una o due persone, correvamo anche insieme, avevano tracciato dei percorsi”.
Era la “solita corsa e basta”, senza chiedersi perché e senza misurarsi con crono, passaggi, record, ripete semplice come sempre: “Era corsa e basta”.
La sua “corsa e basta” era però fatta di tempi di alto livello nazionale. Perché il giovane poliziotto Piroscia aveva tempi tra i primi in Italia, era subito dopo quegli atleti che erano nella Nazionale Italiana ai Giochi Olimpici o Mondiali. Già, lui non aveva tecnici o programmi da seguire, non li aveva mai avuti.
il tesseramento fidal con la Coop 2001
Arriva il trasferimento a Roma e qui inizia a fare gruppo. Perché a Roma si correva in maniera organizzata, infatti racconta: “Lì conosco un amico vigile urbano, inizia ad allenare non solo me. Ogni giorno eravamo anche una cinquantina, ognuno con un suo programma, ero tesserato Fidal per le gare assolute e facevo tantissimi chilometri, anche 20-25 al giorno, erano allenamenti seri, partendo dalle Terme di Caracalla, o dalla via Appia Antica, percorrendo normalmente il centro di Roma con il traffico, Fori Imperiali inclusi, era la soluzione più conveniente per la distanza dal lavoro. I lavori di ripetute li facevamo in pista”.
La carriera da poliziotto a Roma dura 20 anni tra Palazzo Chigi e la Criminal Pol: “Negli anni di Roma ero tesserato per la Coop 2001 e partecipavamo ai Campionati Italiani su strada, che prevedevano nel corso dell’anno una serie di gare: Maratona, mezza Maratona, Maratonina di 30km e l’ora in pista. Oltre a noi militari c’erano anche altre classi di lavoratori, bancari inclusi, molto numerosi. Si correvano gare ogni settimana, in giro per l’Italia e nei quartieri di Roma, ricordo quelle per promuovere il Verde e creare parchi in terreni abbandonati, molto belle”.
La possibilità sfumata di entrare nelle squadre sportive militari.
La sua partecipazione con esiti positivi viene notata, il suo nome è dietro ad atleti come Magnani, Arena, Poli, Fava, Pizzolato. Le prove per inserirlo nel massimo livello di una squadra sportiva (es. Fiamme ORO per la Polizia) davano il privilegio ai più giovani, i suoi 26 o 27 anni in quel periodo erano anni di prossima anzianità, ricorda: “Cercavano atleti da inserire nelle squadre sportive, mi hanno segnalato a Roma, ma dissero che ero troppo grande…”.
Le Maratone in tutta Italia e quella mai corsa
La prima maratona e i mitici 42km e 195 metri li percorre a Roma, “L’allenatore rimase stupito, sbalordito, chiusi in 2h25’, non pensava che potessi correre in quel tempo, il percorso era duro, molto Lungotevere e correre a Roma non è facile”.
Seguono poi tante altre gare e maratone, impossibile ricordarle tutte, chiede quasi scusa: “Facendo gare ho girato tutta l’Italia”.
Nel 1981 vince la Maratona di Cascina in provincia di Pisa in 2h27’, la stampa del tempo lo descrive come “gran faticatore e che con le sue zampettate sull’asfalto merita l’ovazione del pubblico all’arrivo”. Il ricordo è forte e chiaro: “Ho vinto nonostante ci sia sempre stato un fortissimo vento contro in tutto il percorso, ricordo quel vento, e chi lo dimentica…”.
Il primato nella maratona è però di 2h22’segnato il 4 ottobre 1980 a Porto Recanati, il suo ricordo è di un percorso bellissimo, pianeggiante. Nelle sue parole riaffiorano certamente i ricordi delle sue “zampettate”. La maratona più bella è stata quella di Milano, la racconta così: “Il pubblico che ci incitava, ci faceva il tifo, non eravamo abituati, anzi eravamo più abituati alle parolacce per il traffico chiuso a causa delle gare, non volevano le interruzioni, a Roma si veniva anche offesi con facilità”.
Non c’era ancora l’abitudine nelle città allo stop per il traffico, i corridori di quegli anni sono stati i precursori dell’idea di correre non solo per fare attività agonistica di alto livello, ma anche per rispettare la natura e l’ambiente.
La maratona mai corsa è stata New York. Racconta rammaricato: “Mi è rimasta in gola, un anno la società aveva preparto tutto per l’iscrizione, ma saltò all’ultimo momento lo sponsor e… non partimmo, peccato”. Sarebbe stata un’esperienza unica e indimenticabile per lui che ha corso tantissimi chilometri ed ha “mangiato” tante strade.
Al termine della chiacchierata chiediamo a Uccio Piroscia in quale giorno del 1953 è nato, risponde: “Il 3 novembre”. È il giorno del 1996 in cui il nostro concittadino Giacomo Leone ha vinto a New York. Coincidenza? Sarà stato un regalo tra predestinati.
Uccio nasconde nella voce la felicità umile per questa simpatica coincidenza, comprendiamo cosa significhi quella vittoria di Giacomo a New York per lui, possiamo dire che probabilmente si è sentito partecipe di quella vittoria per essere stato anche lui poliziotto e maratoneta di Francavilla Fontana.
Tra le tante partecipazioni e i tanti risultati di rilievo conseguiti, possiamo menzionare le 3 volte in cui ha chiuso la Roma-Ostia, la mezza maratona più frequentata e importante, nei primi 10 classificati, accanto a lui che era un semplice lavoratore e tesserato FIDAL, c’erano i giganti della corsa.
Diventa impossibile ricostruire le tante curiosità ed esperienze di Uccio Piroscia, bisognerebbe scavare nei suoi archivi dei ricordi, proviamo a chiedergli qualcosa.
Aneddoti di vita – la dedica ad Angelo De Quarto
“Quante paia di scarpe usava ogni anno?” – la risposta viene data con solita disarmante semplicità -: “Scarpe? 2, massimo 3 all’anno, per me l’importante era che fossero comode anche se costavano 10mila lire a me non facevano male, l’importante era avere il numero esatto e sentire bene le scarpe al piede”.
Ci viene da sorridere se pensiamo ad oggi in cui gli amatori che partecipano alle corse su strada, sono più esigenti dei professionisti, adattando scarpe diverse alle caratteristiche dei diversi percorsi. Piroscia usava al massimo 3 paia di scarpe all’anno, correndo sia allenamenti che gare su terra, sanpietrini, sabbia, fango, asfalto, sterrato. Gli esperti del settore sapranno cosa significa correre con le stesse scarpe di allenamento anche in gara! In Piroscia vinceva il corpo e la volontà di adattamento.
“Quante maratone correva all’anno?” (in quegli anni non c’era ancora una vera programmazione per correre i 42km), “2 all’anno sempre”, la sua risposta secca.
“Quanti trofei ha vinto?”. La risposta è il commento-sentenza-netta della mamma di Piroscia che diceva: “Dove li metto? In casa non li voglio!”. Uccio ricorda: “È vero, erano tanti, non sapevo dove metterli, molte le ho regalate ad un amico che le ha smontate ed ha fatto con il marmo alla base delle coppe una torretta in campagna, oltre alle coppe qualche volta ci davano qualcosa da mangiare o rimborsi di poche migliaia di lire, a volte”.
Nel 2014 la carriera in Polizia si conclude a Brindisi con la pensione, ma l’abitudine di correre non è andata in pensione, non ha ancora smesso di andare a fare una corsetta.
Viene naturale alla fine di questa chiacchierata nel 2022 chiedergli: “Perché l’hai fatto?”
La risposta di Uccio Piroscia è netta e chiara: “Per Angelo De Quarto, il professore. Sapeva prendere i ragazzi, era un padre di famiglia”.
Ripete ancora: “Era un padre di famiglia, in prima, seconda e terza media ci faceva fare Educazione fisica, tutti con scarpette di ginnastica e maglietta. Faceva fare tutti i tipi di esercizi, sugli attrezzi, sulla pertica, sul quadro svedese; se qualche ragazzo non riusciva perfettamente o non voleva, lo correggeva e si dedicava solo a lui. Sistemava i ragazzi, li raddrizzava in ogni senso”.
Fa piacere ascoltare il tributo di un alunno per il suo professore, soprattutto se quell’alunno è Uccio Piroscia e il professore è Angelo De Quarto. Due giganti che hanno fatto la storia dello sport a Francavilla Fontana.
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