L’uomo è una “macchina” di cui è necessario conoscere il vocabolario specifico.
Potenza, velocità, forza, energia, resistenza, aerobico, metabolismo, e poi efficiente, reattivo, mitocondri, lattato, ritmo, elastico, lavoro. Sono termini del dire quotidiano, entrati prepotentemente nel campo dello sport da quando il mondo scientifico ha cominciato a porre particolare attenzione ai problemi dell’uomo atleta. Ironia del caso, lo studio del movimento umano sulla Terra ebbe un decisivo impulso dall’esigenza di conoscere e prevedere il suo comportamento…. sulla Luna. Sino agli anni ’60, difatti, le ricerche erano state sporadiche e, nel mega-store della vita, lo sport rappresentava, per la scienza, non altro che il reparto giocattoli. Una branca del sapere, quindi, relativamente giovane, non ancora in grado di svelare e descrivere compiutamente tutti i complessi meccanismi della performance sportiva.
La conoscenza, elementare ma precisa, del significato dei vocaboli utilizzati è condizione imprescindibile per la comprensione, la diffusione, il confronto, l’evoluzione delle idee. L’aspetto semantico rimane, ancora oggi, uno dei problemi più ostici da risolvere. Si assiste, talvolta, a discussioni surreali, allorquando si attribuiscono significati diversi allo stesso termine o si usano dieci modi di dire per indicare il medesimo oggetto. Se sosteniamo che un atleta è reattivo, ci riferiamo al suo tempo di risposta ad uno stimolo esterno (sparo dello starter) oppure all’espressione di forza riflessa con l’attivazione degli elementi elastici neuro-muscolari? Chiedo allo Zingarelli di darmi una mano. Macchina: congegno con parti in movimento atto a produrre potenza e lavoro mediante trasformazione di energia – Motore: meccanismo capace di trasformare in lavoro meccanico un’energia di altra natura. Energia: attitudine di un corpo o di un sistema di corpi a compiere un lavoro.
Si potrebbe continuare all’infinito alla ricerca della definizione di ogni nuovo vocabolo che fa capolino all’interno della definizione stessa. Per rimanere alle prime tre citate, dovremmo indagare sui concetti ulteriori di potenza, lavoro, congegno, attitudine. Lasciamo l’incombenza a chi ne avvertisse la necessità.
L’eccessiva attenzione posta dagli allenatori sull’energia a discapito della meccanica del movimento.
Ma perché tanta insistenza intorno a questa terminologia? Perché, ci piaccia o no, l’uomo è una macchina. Una macchina perfetta quanto si vuole, ma pur sempre una macchina. Termoelettrica. Dotata di organi motori (muscoli) che, agganciati ad un sistema di leve (ossa e articolazioni), alimentati da depositi di carburante (zuccheri-grassi), diretti da una cabina di regia (sistema nervoso), ha la capacità di muoversi autonomamente nello spazio. L’allenamento si prefigge di migliorare il potenziale motorio umano attraverso l’esercizio fisico. La mia percezione è che, per le discipline di durata, si sia posta eccessiva enfasi sui meccanismi di erogazione energetica e meno attenzione sui sistemi elettromeccanici dai quali dipende il movimento. È ovvio che le due cose sono interdipendenti, ma l’uomo si muove perché i muscoli si contraggono e non per l’ossigeno che brucia gli zuccheri. Così come non è pensabile modificare una macchina senza conoscerla, allo stesso modo non si può allenare senza seguire direttamente le modalità di espressione del movimento dell’atleta. Si può immaginare di allenare un lanciatore di martello, un ginnasta o un calciatore per corrispondenza? Certamente no. Per il corridore questo avviene.
L’importanza della tecnica, della tattica e della coordinazione nella corsa
Evidentemente si ritiene che l’aspetto tecnico, tattico e coordinativo sia ininfluente nel gesto della corsa, semplice espressione istintiva del bagaglio motorio umano. Errore. Il MODO di correre si modifica in termini sostanziali nel processo di allenamento, influenzando pesantemente tanto la velocità che la durata dell’esercizio. Fortunatamente, la ripetizione del gesto mantiene attivi i processi automatici di apprendimento e di adattamento, rendendo possibile l’allenamento “a distanza”. Comunque non è una soluzione. Il più delle volte ci riferiamo a trasformazioni infinitesimali, difficilmente percepibili anche da un occhio esperto. Eppure estremamente funzionali a migliorare il rendimento meccanico. Già, rendimento: rapporto tra l’energia ottenuta in forma utile e quella spesa in una trasformazione di energia (sempre Zingarelli). Il segreto del miglioramento della prestazione del corridore è racchiuso, a mio avviso, nella parola rendimento. Tanto nel principiante quanto nell’atleta esperto.
Un esempio concreto: correre più velocemente consumando meno energia.
Si prenda un giovane che non abbia avuto esperienze specifiche. Lo invitiamo a correre al meglio delle sue possibilità per un tratto relativamente lungo (es. 2km.), rilevando il suo tempo. Dopo un paio di settimane di allenamento mirato gli si propone lo stesso test. È possibile registrare miglioramenti del 10-20%. In quindici (o meno) giorni cosa sarà successo? Il cuore ha aumentato la sua capacità? I capillari sono diventati più pervi? I muscoli si sono ipertrofizzati? I mitocondri sono raddoppiati? È successo, semplicemente, che il ragazzino ha corso con una tecnica migliore. Ha avviato il processo di APPRENDIMENTO della corsa prolungata. Non contrae più tutti i muscoli di cui mamma lo ha fornito, ma si limita ad attivare quelli strettamente necessari. Ha capito che i passi forzatamente lunghi lo fanno stancare in fretta, così come una partenza eccessivamente veloce. In altri termini, è in grado di utilizzare con più efficacia le risorse di cui già era in possesso.
È possibile correre più velocemente consumando meno energia? Per quanto possa sembrare incredibile, la risposta è: sì. Non è un andare contro le leggi della fisica ma, più semplicemente, impiegare con maggiore profitto le proprietà elastiche dell’apparato locomotore, calibrando gli angoli di lavoro, riducendo la decelerazione in fase d’appoggio, studiando i tempi di risposta riflessa per ogni atleta. Abituati a ragionare in termini fisiologici ed energetici, trascuriamo di considerare che il nostro intervento è, fondamentalmente, di ordine “meccanico”. Nelle specialità di resistenza tutto è amplificato. Portarsi appresso, per oltre quaranta chilometri, la più trascurabile delle imperfezioni può rivelarsi devastante.
So che molti podisti rinuncerebbero a tutto ma non ai “lunghissimi” prima di una maratona (qui il mio articolo sul lungo lento). Dei 70 km. settimanali, 35 sono concentrati in una sola seduta. Forse esagero, ma è un altro esempio della mancanza di attenzione verso l’efficacia del gesto tecnico, lo scadimento del quale rende inutile e, spesso, dannoso lo stimolo allenante.
Il ruolo dell’allenatore nell’organizzazione dell’allenamento
La maestria nell’organizzazione dell’allenamento è insita nel trovare i giusti rapporti di volume-intensità, nel rendere ormonico ed equilibrato lo sviluppo dei diversi distretti muscolari, nel mantenere vivo il processo di apprendimento che perfezioni la gestualità specifica. Il tutto in un graduale crescendo di difficoltà e nel rispetto assoluto delle peculiarità di ogni singolo atleta
Altri articoli del prof. Piero Incalza:
Conoscere e mixare le intensità di lavoro nell’allenamento del corridore. (Also in English)
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